Francesca Perlini


Fosse comuni

Non si stacca la carne
dalle ossa degli scomparsi.
Per sparizione i denti ricomposti
sono morsi che nemmeno tre metri di terra
lasciano la presa. I bacini portano piaghe di letti
con soffitti d’orizzonte dove i femori sinistri
si attaccano per articolazione ai polsi stretti
tra le sbarre, dove i piedi spaiati stanno come
capelli senza vento.
Dietro un portone, immobile
l’aria guarda al prato e trattiene il respiro
nei petti in cui i cuori versano lo stesso rosso vivo.
Vivo abbastanza che non bastano tre metri di terra,
dove scomposti gli scomparsi
risalgono a prendere corpo nella voce,
in quella luce di primule a marzo
che non dice, ricorda
le leggi dell’eternità e non del tempo.

 

© Inedito di Francesca Perlini

© Foto di Carola Catenacci

6 pensieri su “Francesca Perlini

  1. Francesca ha una sua qualità di scrittura che incanta e porta molto in alto, verso una logica oltre la normale logica, verso una consequenzialità oltre la normale consequenzialità. Il tema è assolutamente rilevante. Attendo il compiersi di questo percorso nell’inferno/interno dei nosocomi.

    • Grazie, Mauro!
      Essere attraversati dall’inferno, accettandone la propria radice comune. La voce resta nei muri. La voce sono i muri, dove i corpi continuano a parlare perché scomparsi, negati alla vista.

  2. Inferno o paradiso? Attraversati i più deserti e aridi campi scopri che la scelta tra l’uno e l’altro non dipende dal numero uscito nella lotteria della nostra vita, né dal conteggio truccata dalla partenza azzurra o rossa, ma dall’abito che cuciamo addosso alla nostra mente

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