Velimir Chlébnikov


Bambina! Se gli occhi sono stanchi d’esser larghi,
se acconsentite a chiamarmi «fratello»,
io, occhicèrulo, giuro
di tener alto il fiore della vostra vita.
Vedete, io sono cosí, sono caduto da una nuvola,
molto male mi hanno arrecato
perché ero diverso,
non affabile sempre,
non amato in ogni dove.
Se vuoi, saremo fratello e sorella,
del resto già siamo in una libera terra liberi uomini,
facciamo noi stessi le leggi, le leggi non vanno temute,
e plasmiamo l’argilla delle azioni.
Lo so, siete bellissima, fiore dell’azzurro,
ed io d’improvviso sto bene,
se parlate di Soči
e gli occhi soavi si allargano.
Io, che a lungo ho di molto dubitato,
d’un tratto ho creduto per sempre
che è vano per un taglialegna spaccare
ciò che fu là preordinato…
Molte parole superflue noi schiveremo.
Semplicemente servirò messa per voi,
come un sacerdote capelluto dalla lunga criniera:
di bere i rigàgnoli azzurri della purezza
e dei nomi terribili noi non avremo paura.

 

Poesie (Einaudi, 1968), trad. it. di Angelo Maria Ripellino

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