Die Urwälder Europas
„Uns schwindelte beim Blick in den Abyssus der Zeit.“
John Playfair: Illustrations of the Huttonian Theory of the Earth
1788 zeigte James Hutton seinem Freund Playfair
und dem Kollegen Hall an der schottischen Küste
fossile Formationen: die rötliche Plastik der Zeit.
Ihr Fluss hatte sich dauerhaft niedergeschlagen flach
und steil in Schiefer und Sandstein langsam gehoben
und wieder gesunken gegeneinander geschichtet ablesbar
als Tagebuch des Planeten ohne Anfang und Ende
erzählt er seine Geschichte über das was er trug
je tiefer desto weiter nach vorn blätterten sie ins Ältere
und sogar noch weiter zurückliegende Revolutionen lagen
friedlich da Schnitte einer zyklischen Sichel rasend
sammelte sich auf den Äckern in Frankreich der Zorn.
Ein schwarzer Block nach dem anderen aus der Tiefe
des Ruhrgebiets in das Jahr 2009 gefördert und gepresst
fällt aus meiner Hand in den Ofen brennt knapp drei Stunden
und rieselt hellbraun herab ein Leichtwerden von über
dreihundertmillionen Jahren in den Himmel Berlins
entlassen für einen Moment noch riechbar Robespierre auf
dünnen Schichten in meiner Hand spricht über die Zukunft
über Vergangenheit also welcher Baum welcher Farn den kein
Botaniker kennt welche Libelle von Menschen ungesehen
kommt meinen Zellen als Wärme entgegen? Täglich
werden wir chronischer fließen brennen schneiden
immer weiter tilgen die Spuren in unsere ewige Spur.
*
Le foreste vergini d’Europa
“Vacillammo nel vedere l’abisso del tempo”.
John Playfair: Illustrations of the Huttonian Theory of the Earth
Nel 1788 James Hutton mostrò al suo amico Playfair
e al collega Hall le formazioni fossili sulla costa
scozzese: la plastica rossastra del tempo.
Il suo flusso si era depositato stabile, piatto
e lentamente si era erto in picchi di ardesia e arenaria
e di nuovo inabissato in strati contrapposti leggibile
come diario del pianeta senza inizio né fine
racconta la storia dei suoi detriti
tanto più in profondità quanto più avanzavano sfogliarono epoche sempre più antiche
e rivoluzioni addirittura ancora più lontane nel tempo giacevano
là pacificamente incisioni di una ciclica falce con furia
si radunava la rabbia sui campi di Francia.
Un blocco nero e poi un altro estratto
dalle profondità della Ruhr e compattato nell’anno 2009
mi cade dalla mano brucia nella stufa per circa tre ore
e ridiscende di un color marrone più chiaro un alleggerirsi
di più di trecento milioni di anni nel cielo di Berlino
rilasciato per un attimo Robespierre il suo odore ancora nell’aria in
sfoglie sottili nella mia mano parla del futuro
del passato ovvero quale albero quale felce che nessun
botanico conosce quale libellula mai vista dagli uomini
viene incontro alle mie cellule sotto forma di calore? Ogni giorno
più cronici ogni giorno scorriamo tagliamo bruciamo
sempre più si estinguono le tracce nella nostra traccia eterna.
Treibbojen (Verlagshaus J. Frank, 2010)
Traduzione in italiano di Nicoletta Grillo
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