Stige
Ho sentito mia madre piangere sola
in una camera di nodi slacciati
in una coscienza svegliata
Un lamento di fiato sottile
a salire livido come caffè nella moka
Il salotto è un palmo vuoto
le scarpe a terra ciò che resta dei passi
è una domenica ghiacciata
anche se il sole è sul tavolo insieme al giornale
niente televisione
il cerchio delle forchette è un ringhiare di incisivi
Il dolore è uno specchio sfondato
una lupa che non si addomestica
Ha tirato fuori i vestiti dall’armadio
tutti quanti in fila
i calzini come gioielli sfibrati e le maniche morbide
li ripiega uno alla volta e ha le mani tronche
il corpo fa e lei non sente
Il dolore è l’acuto perenne
l’impotenza di non sapere alcun canto
di non potersi sistemare educati
una volta sparpagliati su un letto
C’è una pausa che è una resa armata
che è un abbraccio a maglie lente
concede un respiro tra i buchi
me la chiede e non parla
Ho un giro di lettere che si accalcano a vuoto
si accovacciano come lepri irrequiete
C’è che io non so stringerti
Anche un cassetto
in queste case
è un baratro aperto
© Inedito da Gaia Giovagnoli
Una delle poesie più vive ed intense e reali che abbia mai letto ….. Grazie !!!
Potente.