Prendi la rocca e il fuso e andiamo in California…
…A nivale di nebbie dei re longobardi,
si partiva per le cene, con le torce,
coi letti arrugginiti, sulle spalle,
a fare una pasqua, per i morti,
senza fine. Poi tramontava il giùbilo
di pentecoste, a picco
sopra il torrente del mio paese, o giovane Strona:
grigia, quanto la tunica dei giorni:
le donne ci hanno vigilato
han volto, a capo in giù, le sacre torce.
Solo, tre becchi di lampada, a petrolio,
ancora rischiaravano gli àzimi,
che si doveva trangugiare nelle albe
del bene (e del male), sulle strade.
Ho preso, un giorno, lo stallo
nel coro, o cicale!, dei miei simboli benedetti:
dove a scorze d’alberi, mangiati dalla folgore,
le foglie fuggite cantavano le antifone:
“Alza ferro contro il tuo petto!
perché si sappia, fin dall’inverno,
se tu sei arido o fertile: e chi ti salverà dai gesti futuri?”
“Non mettere il tuo cuore sulla vigna di Sirtori o di Somma,
sulla vigna d’Appiano o di Missaglia:
perché il vendemmiatore bagna il pane
dentro la secchia dell’aceto”.
“Colui che implora, a ogni mattino,
la sapienza dagli àcini dell’uva,
saprà incendiar tutte le vigne
nel giorno dell’addio…”.
L’opera poetica (L’orma, 2014)
Emilio Villa, per molti ancora sconosciuto, è stato uno dei geni letterari e artistici più importanti del XX secolo non solo italiano. In poesia siamo ai livelli di Wallace Stevens, per dire. Consiglio un giro alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia che conserva il suo fondo più cospicuo. Oltre alla meritoria raccolta di versi de L’orma editore, segnalo (sperando siano ancora in commercio) la sua traduzione dell’Odissea e i saggi su L’arte dell’uomo primordiale e il capolavoro Attributi dell’arte odierna. Un autore non facile ma decisamente da riscoprire.
sconosciuto, sì, lo era anche per me, e grazie di avermelo fatto conoscere; questo pezzo è bellissimo!