Auburn Poem
A book I was reading this morning
by Milan Kundera contains this: “In the algebra
of love a child is the symbol of the magical
sum of two beings.” And now that child
is thirty-nine years old; she is suffering
from a cancer which we are told is incurable
and will become fatal. You have been married
for thirty years to another man, and I
have been married to three other women
and have lived with six whom I did not
marry—a disgrace but there it is, done
and irrevocable. We are old. You are
sixty-nine and I am seventy. It would be
sentimental folly to say I can see in you,
or you in me, the lineaments of our
loving youth. Yet it is true. Your voice
especially takes me back. We are here
because our daughter, whom we conceived
one fine April night in Chicago long ago,
is crucially vulnerable. We meet in agony,
in wordless despair. We meet after years
of separation and mildly affectionate
unconcern. But it’s true, true, this child
who is a mature, afflicted woman
with children of her own, is still a symbol
of that magical sum we were, and in this
wretchedness, without word or touch or hidden
glance, I hold myself out to you, and I know
I am accepted without word or touch or hidden
glance. This, so late, the crisis of our lives.
*
Poesia di Aurbun
Un libro che leggevo stamattina
di Milan Kundera dice così: “Nell’algebra
dell’amore un figlio è il simbolo della magica
somma di due esseri”. E ora quella figlia
ha trentanove anni; soffre
di un cancro che ci hanno detto incurabile
e le sarà fatale. Sei stata sposata
per trent’anni a un altro uomo, ed io
ho sposato altre tre donne
e convissuto con sei –
una sciagura me è così, compiuta
e irrevocabile. Siamo vecchi. Tu hai
sessantanove anni e io settanta. Sarebbe
follia sentimentale dire di scorgere in te,
o tu in me, i lineamenti della nostra
giovinezza in amore. Eppure è vero. La tua voce
soprattutto mi riporta indietro. Siamo qui
perché nostra figlia, concepita a Chicago
in una bella notte d’aprile tanto tempo fa,
è tragicamente vulnerabile. Ci incontriamo angosciati,
in una disperazione muta. Ci incontriamo dopo anni
di separazione e di appena affettuosa
noncuranza. Ma è vero, vero, questa figlia
che è una donna matura, sofferente
con figli propri, è tuttora simbolo
di quella magica somma che eravamo, e in questa
sventura, senza parole o tocco o sguardo
furtivo, io mi stringo a te, e so
di essere accettato senza parole o tocco o sguardo
furtivo. Questa, così tardi, la crisi delle nostre vite.
Rivista “Poesia”. Mensile internazionale di cultura poetica (N. 323, Febbraio 2017) trad. it. F. Mormile