Prospettiva
La linea dell’orizzonte sembrava il confine del mondo
fermato tra il tuo polo e il mare. Il mare si curva
perché la terra è un globo, come le tue mani
sospese tra naso e orizzonte danno pugni,
spingono contro l’orizzonte immagini di incoerenza.
Adesso in un viaggio di due ore taglio a metà il paese
passando a fil di lama la nebbia al nord e l’azzurro
al centro quattrocentesco come l’affresco
di Piero della Francesca che vorrei trasparente,
sopra al mondo la sua prospettiva.
Ma oggi nel vulcano sgranate le persone rincorrono
un punto di fuga interiore, dalla cornea alla pupilla,
e le scie rosse sottili schizzano elettriche;
ma un bisogno di verità dovrà pur correre
come la lama aguzza del Freccia Rossa
ci toglie soli da noi stessi (io, noi?),
e mentre corre ti vedo in una casa vuota
ancora con i pugni paralleli spingendo
immagini che fanno sciami di insetti e polveri.
Dietro il vetro della finestra l’alba ha tagliato il cortile:
le ombre dei vestiti asciutti corrono sui muri,
i nostri confini invecchiando invertono la prospettiva
l’uno nell’altro come i poli antipodi e uniti
del pianeta strappano l’orizzonte l’uno all’altro.
Nel vetro tagliente dell’alba la lama del treno
è una prospettiva aerea. Esseri fragili
hanno occhi che si toccano.
© Inedito di Maria Borio
© Foto di Dino Ignani
immagini che si fondono a linee oblique di uno sguardo che taglia con precisione le separazioni e le congiunzioni di un mondo che non smette di muoversi nel sottosuolo.
le parole “orizzonte” e “vetro” che si ripetono in successione a breve distanza non sembrano nate da necessità formale, ma semplicemente una stortura compositiva, in un testo piuttosto piatto, troppo anche se si aderisce alla tradizione della “poesia che va verso la prosa” – verso, appunto, non coincidente con essa – e neppure una delle migliori.
Testo di una profondità e di uno scavo straordinari
la parola lineare di questa poesia è un inganno, si nota un tessuto di ‘necessità formali’ e incastri, di visione e di significato mi pare un flusso complesso