Un secondo
Presa la vita, rallentato il tempo
con i gesti, tutto concordava:
cercavamo una fraternità
nell’ombra, dove l’esperienza non separa.
E quelle attese
come si accordavano bene
al buio del finestrino (“l’attimo
non ci lascerà più”).
Fingendoci veri
anche fuori, nelle strade, il resto
sarà credibile
e ora la tredicenne davanti alla scuola
ha una calza giù
conturbante, nel luogo incerto
dove tutto è meno meschino
di una fedeltà.
Correremo senza domande. Dopo i semafori
c’è la grande calma
del delta, il fiume pacificato nelle paludi
allontanato il padrone, per un secondo.
(“Guai se vivrete. Dovete capire, in mezzo alle cose
introvabili, sbriciolare un tempo
che egualmente passa senza di voi”)
(“L’arcipelago
che vi apparirà ogni notte
è il perduto
e non si può vivere al confine.
Guardarlo è vederlo da fuori. Ma entrarci
è non poterne più uscire”).
Somiglianze (Guanda, 1976)
Per alcuni giorni nel 1978 fu supplente presso il liceo Scientifico che frequentavo. Sperimentò con noi 18enni una scrittura “creativa” (non aveva dato definizione al metodo o forse non ricordo questo dettaglio). Per me, era stato bello trovare una sorgente da cui sentire sgorgare parole pensieri costruzioni ed immagini. Durò pochi giorni. Tanti eventi scolastici di quegli anni sono ormai dimenticati, confusi e sbiaditi irrimediabilmente. Ma quei giorni scintillano nella memoria. La scuola raramente ci ha offerto tanto. Dico grazie.