Eliza Macadan

 

eliza-macadan

Nina in cenere
torna a casa
per unirsi all’amore del padre e dell’unico uomo che l’abbia amata
Nina in cenere torna nella culla
per stare vicino a tutti quelli che hanno fatto l’amore con lei
ma non l’hanno mai amata
Nina in cenere
torna in questo paese dove ha amato tutti fino allo stremo
e dove tutti l’hanno odiata fino alla morte
Scrivono ora ode i pigmei pesanti di terra con lingue-rettili-feroci
e dicono quant’è pesante la perdita.
Nina in cenere
torna qui per volare col vento di questo tempo
che ci sopporta a malapena
Nina in cenere torna al sud
dove solo da morti si può vivere

 

Passi passati (Joker, 2016)

Maria Grazia Calandrone

maria_grazia_calandrone
mentre mi abbandonavi
la volpe
faceva la sua tana
nel calco della bella testa pensante
sul cuscino
immobile

un odore selvatico di bestia
si mescolava
all’odore domestico dei tuoi capelli

una forma fulva
inaddomesticabile nidificava
nel nero assoluto dei tuoi capelli

addomesticami
dicevi
addomesticami

mentre mi abbandonavi
la bestia abbandonava il suo peso invernale
dov’è colato il miele
dell’ultimo bacio

intorno, tutto il giardino
si rinnovava
e gli uccelli beccavano i frutti in abbandono

eccomi. sono tornata
in luogo della bestia

per tenere pulita la casa
della gioia

 

21 luglio 2015

 

© Inedito da Giardino della gioia

© Foto di Dino Ignani

Franco Fortini

franco-fortini

La città nemica

Quando ripeto le strade
Che mi videro confidente,
Strade e mura della città nemica

E il sole si distrugge
Lungo le torri della città nemica
Verso la notte d’ansia

Quando nei volti vili della città nemica
Leggo la morte seconda,
E tutto, anche ricordare, è invano

E “Tu chi sei”, mi dicono, “Tutto è inutile sempre”,
Tutte le pietre della città nemica,
Le pietre e il popolo della città nemica

Fossi allora così dentro l’arca di sasso
D’una tua chiesa, in silenzio,
E non soffrire questa luce dura

Dove cammino con un pugnale nel cuore.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2014)

Gian Mario Villalta

villalta

Il pensiero di te, che ha origine
in me stesso, viene da altrove,
suppongo, e lontano, per questo mi chiama,
o è come se lo facesse,
e spesso sorprende la mente
intenta al lavoro, alla guida, a se stessa
nel riflesso che rigira il presente.

Rigira l’origine, il pensiero,
e quando arriva ci trova già
rivoltati verso il futuro, in fuga
da noi stessi, pieni di desiderio
di essere stati: “Celeste
è questa
…” …facoltà, che hanno gli umani
di rivivere rimorire
lontani, celeste
è il colore del cielo,
a volte, quel colore inventato da noi
umani, forse da uno rimasto solo
e nel pensiero vicino all’amore
come vicino all’amore nessuno.

 

Telepatia (LietoColle, 2016)

© Foto di Dino Ignani

Anna Salvini

anna salvini interno poesia

Miracoli

Ti lascio abitare ogni angolo
della casa, far parte
di un quadro, scegliere
il film

il vaso dei fiori però
riempilo
ogni volta che puoi

l’odore sugli abiti lo tengo
stretto, lo stomaco anche
quando siedi con me
sul divano

sono piccoli miracoli le isole
che fa la vita, questo adagiarsi
di polvere e sole
che veste gli spazi, impregna
ogni singola fibra
ma non ci contiene del tutto

e non dico di te
perché sei solo tu
soltanto
la radice
che lega le lingue
tu solo conosci il nome
di tutte le stanze, il ritrarsi
del lago quando fa notte

io faccio
come se niente fosse

come la pioggia
del mio starti accanto.

 

© Inedito di Anna Salvini

© foto di Marco Rodolfo

Paul Éluard

eluard

Je t’aime

Je t’aime pour toutes les femmes que je n’ai pas connues
Je t’aime pour tous les temps où je n’ai pas vécu
Pour l’odeur du grand large et l’odeur du pain chaud
Pour la neige qui fond pour les premières fleurs
Pour les animaux purs que l’homme n’effraie pas
Je t’aime pour aimer
Je t’aime pour toutes les femmes que je n’aime pas

Qui me reflète sinon toi-même je me vois si peu
Sans toi je ne vois rien qu’une étendue déserte
Entre autrefois et aujourd’hui
Il y a eu toutes ces morts que j’ai franchies sur de la paille
Je n’ai pas pu percer le mur de mon miroir
Il m’a fallu apprendre mot par mot la vie
Comme on oublie

Je t’aime pour ta sagesse qui n’est pas la mienne
Pour la santé
Je t’aime contre tout ce qui n’est qu’illusion
Pour ce cœur immortel que je ne détiens pas
Tu crois être le doute et tu n’es que raison
Tu es le grand soleil qui me monte à la tête
Quand je suis sûr de moi.

 

*

 

T’amo

T’amo per tutte le donne che non ho conosciuto
T’amo per tutte le stagioni che non ho vissuto
Per l’odore d’altomare e l’odore del pane fresco
Per la neve che si scioglie per i primi fiori
Per gli animali puri che l’uomo non spaventa
T’amo per amare
T’amo per tutte le donne che non amo

Sei tu stessa a riflettermi io mi vedo cosí poco
Senza di te non vedo che un deserto
Tra il passato e il presente
Ci sono state tutte queste morti superate senza far rumore
Non ho potuto rompere il muro del mio specchio
Ho dovuto imparare parola per parola la vita
Come si dimentica

T’amo per la tua saggezza che non è la mia
Per la salute
T’amo contro tutto quello che ci illude
Per questo cuore immortale che io non posseggo
Tu credi di essere il dubbio e non sei che ragione
Tu sei il sole forte che mi inebria
Quando sono sicuro di me.

 

Ultime poesie d’amore (Passigli, 2001), a cura di V. Accame

Clara Janés

Ed ecco l’acqua.
I miei due custodi
percorrono la riva.
I loro occhi accolgono
la saggezza di colui
che ignora il tempo.
E io discosto
la linea dell’orizzonte
e mi rafforzo
nell’immobilità.
Attraverso l’adesso
con la lancia
della mia stessa assenza:
voglio smettere d’essere,
o esser solo riposo,
abbandono
al vuoto dell’anima
che a nulla aspira,
neanche all’attesa
che non attende.

 

Pellegrinaggio (Passigli, 2016), a cura di V. Nardoni

Dario Bellezza

bellezza ignani

Scaricato alla stazione di Martina Franca
fra trulli autunnali e polverosi fichi d’India
riversi sul suolo arso di mia Puglia materna –
abbandonato alle fredde rotaie di un treno per Bari
livido di una rabbia mattutina
ho pregato il Dio feroce degli esuli

L’esilio comincia dove finisce la terra
sacra degli amanti perpetui oltre la morte
dove il cuore impazzito sale le scale della sorte

Dio della velocità ferma dell’attimo fuggente
rapiscimi in una notte senza fondo
dove l’addio consumato fra pallide lenzuola
nasconda l’ulteriore figlio sconsacrato.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2015)

© Foto di Dino Ignani

Mario De Santis

de santis

tú cantas consuelo, tú cantas esperanza,
tú cantas rimedio.

(Gabriella Ferri)

 

A volere inventare partenze ora saremmo
lontani, come in un bicchiere di vino
vuoto sopravvive alla perfezione del brindisi.
In un chiodo di luce pixel abita la fine dei tuoi occhi,
a milioni. Nuotare invece in una goccia, trascendere
il rosso; da lì cade il tuo labbro che si volta
non su chi resta, al contrario – non io,
né dove sarei se non fossi con te che mi fissi
diretta ad un fondo, alla sete, agli orari, oltre me.

Non genera tempo la resa all’oggi che dichiari, non ne risponde:
c’è il fiato immobile di un parco di notte, la chiave persa
di una stanza d’hotel. E così non puoi vedermi né sapere
della partenza e di una direzione, né del ragno
sparito che attraversava il lenzuolo, la vernice
che cade, il futuro cliente, il binario – di domani, a quest’ora.
Ci siamo già detti quel che solo tu sapevi, ma ora è possibile
che questa lingua curva di una mattina nessuno più
la intenda, l’idioma nuovo solo di due stava su di noi.
Stava in quadro, in canale, nell’erba da nascere
Nella stagione, che si ripete e ricade
in altri silenzi e in altre sorti, senza di noi.
Eppure ne sarà il rimedio, perché dura. E tuttavia
se non fosse, c’è stato il volto dilatato da un ricordo
nel respiro, ci saranno occhi su cui riposano le pietre
del miracolo, in cui non abbiamo mai creduto.

 

© Inedito di Mario De Santis

© Foto di Valentina Tamborra

Pasquale Del Giudice

del giudice
Inventario 3.0.

Omessa la biografia, dimesso il tempo
la terza notte d’Aprile
abbandona il diario
per l’immaginario, muove le acque
con la forza della penna, l’ordine del paesaggio
aumenta il mondo, rimette
una sfera al mondo, ha una nuvola
e una mela sullo scrittoio

puerile e onnipotente, convoca
le particelle, combina
le sillabe, tornando a capo, al primo giorno
trauma dell’inizio, ritmo e sisma
d’ogni capoverso, vincolo e debito della parola

riga dopo riga, linea
su linea, raggiunge il creato
divide, giura, giocandosi la vita
il poco della sua storia
nella vita, per la vita, sua vita
mia vita, mia poesia, tua poesia

tutti i ciottoli, le cellule
vogliono moltiplicarsi, diffondersi nella scrittura
anche il limone, le biro fanno cenno
i muschi, i reperti, i rifiuti
sgomitano, si muovono per rientrare
nella pagina, espandere l’organismo
la sinfonia delle lettere, il quadernetto delle note.

 

Difetto di coincidenza (Poesia 2.0, 2016)