La sosta
Con un gelato davanti
e la morte dentro la mente
seduto a un bar di Piazza Marina,
guardo due mosche amarsi sulla mia mano,
come colpi di batticuore
odo martelli battere sulle rotaie,
mi chiedo perché vivo,
che grido o che caduta m’aspetta dietro l’angolo,
rammento un altro sole rovente come questo
sulla mia testa rasa di soldato,
un’altra attesa, un’altra fuga, un’altra tana.
Ora pago, mi alzo, questo giorno è sbagliato,
questo e gli altri di prima, sono un uomo infelice.
L’amaro miele (Einaudi, 1982)
La guerra segna e “Don Gesualdo” ha un pennello meraviglioso nelle sue parole per disegnarne il dolore. Dolore raccontato a distanza, che nemmeno il dolce di un gelato riesce a lenire.
leggo questo testo splendidamente moderno, sento tutto l’assurdo della nostra umanità che brancola
verso un irraggiungibile senso.