Una lama di fosforo ti distingueva
e ti minacciava, in classe terza,
ti chiedeva ogni volta il voto più alto, l’esempio
perfetto del condottiero: sei stato tra la gloria
e il sacrificio umano
e hai scelto di non avere più nulla.
Ma oggi ti è riuscito
l’antico affondo, il pezzo di bravura,
chiamandomi per nome tra la polfer e i sonnambuli
del binario ventidue “Ti ricordi di me?
Io abito qui”. “Ricordo quella versione
di Tucidide difficilissima. Solo tu…solo tu”.
“Toiósde men o táfos eghéneto …..”.
Hai ancora il guizzo
dello studente strepitoso, l’aggettivo
che si posa sul foglio e svetta, la frase
di una lingua canonica e nuova, quel tuo
tradurre all’istante a occhi socchiusi. Dove sei,
ti chiedo silenzioso. Dove siamo? I frutti
restano dentro e bruciano segreti
in un tempo lontano dalla voce,
in una giostra di libellule o in un sasso.
Incontri e agguati (Mondadori, 2015)
Strepitosi, sì. Maestro e allievo.
Una poesia che consegna alla memoria un rapporto unico, che resta per la vita.
Finalmente qualcuno che si ricorda di un poeta che mi è sempre piaciuto. Ma che è difficile trovare oggigiorno nelle librerie.