Gian Mario Villalta

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Da madre a figlio

Le palpebre chiuse, piano, senza stringerle,
che si perda la memoria della luce.
Adesso apri e non guardare niente.
Lentamente trova l’ombra (ce n’è sempre),
trova una linea, un contorno sullo sfondo.
Adesso guardati le mani. Se le vedi,
calcola la distanza che separa
la loro forma dalle sagome più scure:
ora trasforma il vuoto in volume.

Avrei voluto insegnarti un bene grande,
l’acqua che nasce, le nuvole selvagge
sopra i campi profumati dai sambuchi.
Avrei voluto il tempo di conoscere
il mio cuore che ti aiutava a crescere.

Ma non c’è tempo. Lentamente, trova l’ombra,
trova una linea, trasforma in orizzonte
la distanza tra un’ombra nera e il fondo.
Posso insegnarti a vedere al buio.
Non c’è mai tempo, prova adesso, prova.

 

Vanità della mente (Mondadori, 2011)

Foto di Dino Ignani

0 pensieri su “Gian Mario Villalta

  1. E’ veramente molto bella, una vera poesia, a differenza di altre che sono solo parole scritte in prosa, con degli “a capo” per farle sembrare “poesia”.

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