l’albero cavo, e le vocali
che in quel buio vi si sono annidate;
e le date percorse da radici,
il varco ostruito dalle ortiche.
forse sarà nelle pozzanghere
il nostro più nitido riflesso,
anche se un rigagnolo, ora,
dissangua anche quest’ultima possibilità
ma i detriti che calpestiamo
cinguettano e gli uccelli cadono
dai rami come cachi sfatti
non resta che erigere un recinto d’amore,
non resta che stare aggrappati al silenzio,
troncare ogni rapporto col tempo
e poi portare dell’acqua con le mani
lasciare che un nome si depositi altrove
e che in quell’altrove trovi la sua quiete.
Il groviglio delle virgole (Stamperia dell’Arancio, 2005)
Molto bella.