Alchimia del verbo
A me. La storia d’una delle mie follie.
Da molto tempo mi vantavo di possedere tutti i paesaggi possibili, e trovavo burlevoli le celebrità della pittura e della poesia moderna.
Mi piacevano le pitture idiote, sovrapporte, addobbi, tele di saltimbanchi, insegne, immagini popolari; letteratura fuori moda, latino di chiesa, libri erotici senza ortografia, romanzi delle bisavole, racconti di fate, libretti per bambini, vecchie opere, ritornelli sempliciotti, ritmi ingenui.
Sognavo crociate, viaggi di scoperte di cui non esistono relazioni, repubbliche senza storia, guerre di religione represse, rivoluzioni del costume, migrazioni di razze e continenti: credevo a tutti gli incantamenti.
Inventai il colore delle vocali! – A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu, – Disciplinai la forma e il movimento di ogni consonante, e, con ritmi istintivi, mi lusingai d’inventare un verbo poetico accessibile, un giorno o l’altro, a tutti i sensi. Scrivevo silenzi, notti, segnavo l’inesprimibile. Fissavo vertigini.
Una stagione all’inferno” in Opere (Mondadori, 2006), trad. it. Diana G. Fiori
Mi piace molto Rimbaud. 🙂
Condivido 🙂
Brano famoso. Traduzione lacunosa in alcuni punti. Trovo ridicolo quell’aggettivo “burlevoli” che vorrebbe tradurre “dérisoires”. Eppure è facile: derisorie, ridicole, burlesche. Burlevole è troppo “carino”, sa di scherzo innocente. Qui Rimbaud sta facendo del sano sarcasmo sulle “celebrità” dell’arte e della poesia. Sogghigna, ma non si sta divertendo, perché sa che quelle “celebrità” vivono di derisione, disprezzano la vita, si prendono gioco della poesia, sfruttano l’arte per fare carriera, etc..
interessante e acuto il tuo commento. proprio vero che tradurre è tradire, occorrerebbe entrare nella lingua del poeta, contestualizzare le sue parole al periodo in cui è vissuto e al clima culturale di quell’epoca. questa visione delle celebrità che sfruttano l’arte per fare carriera è comunque un tòpos senza tempo, attualissimo..
ciao e grazie!
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.