Gianmarco Gronchi


remo, simone, cinzia, gabriele,

amici, io vi chiamo per nome
per chiedervi se sareste felici
nel mettersi a tavola tutti insieme
in una comunione d’intenti
come facevamo nei giorni
in cui eravamo vivi
tra i vivi.

Da tanto tempo non vi vedo
e so poco di voi e delle vostre vite,
che fate, come stanno i bambini,
con chi uscite. So solo che siete
nel pieno delle forze e che scrivete
come avete vissuto.

che volete far passare questa terra
dal collo dell’imbuto

Inedito

Karin Boye

Quieta voglio ringraziare il mio destino:
mai ti perdo del tutto.
Come una perla cresce nella conchiglia,
così dentro di me
germoglia dolcemente il tuo essere bagnato di rugiada.
Se infine un giorno ti dimenticassi –
allora sarai tu sangue del mio sangue
allora sarai tu una cosa sola con me –
lo vogliano gli dei.

 

Poesie (Le Lettere, 1994), trad. it. D. Marcheschi

John Keats


To Autumn

Season of mists and mellow fruitfulness,
Close bosom-friend of the maturing sun;
Conspiring with him how to load and bless
With fruit the vines that round the thatch-eves run;
To bend with apples the moss’d cottage-trees,
And fill all fruit with ripeness to the core;
To swell the gourd, and plump the hazel shells
With a sweet kernel; to set budding more,
And still more, later flowers for the bees,
Until they think warm days will never cease,
For summer has o’er-brimm’d their clammy cells.

Who hath not seen thee oft amid thy store?
Sometimes whoever seeks abroad may find
Thee sitting careless on a granary floor,
Thy hair soft-lifted by the winnowing wind;
Or on a half-reap’d furrow sound asleep,
Drows’d with the fume of poppies, while thy hook
Spares the next swath and all its twined flowers;
And sometimes like a gleaner thou dost keep
Steady thy laden head across a brook;
Or by a cyder-press, with patient look,
Thou watchest the last oozings hours by hours.

Where are the songs of spring? Ay, Where are they?
Think not of them, thou hast thy music too,—
While barred clouds bloom the soft-dying day,
And touch the stubble-plains with rosy hue;
Then in a wailful choir the small gnats mourn
Among the river sallows, borne aloft
Or sinking as the light wind lives or dies;
And full-grown lambs loud bleat from hilly bourn;
Hedge-crickets sing; and now with treble soft
The red-breast whistles from a garden-croft;
And gathering swallows twitter in the skies.

*

All’autunno

Stagione di foschie e d’una pastosa
fecondità, tu amica prediletta
del sole che matura ogni raccolto;
tu che con lui congiuri per far gravi
con i frutti le viti e benedette
appese intorno al tetto alle grondaie
di paglia; fai incurvare con il peso
delle tue mele gli alberi muschiosi
del casolare, e fino al suo midollo
ogni frutto maturi; fai gonfiare
la zucca, ed i gusci di nocciola
tu fai rotondi con il dolce seme;
fai sbocciare altri fiori e altri ancora
tardivi per le api, che si illudano
che i giorni caldi mai avranno fine,
ché l’estate ha colmato fino all’orlo
le loro celle vischiose di miele.

Chi non ti ha vista nella tua opulenza?
Talvolta chi ti cerca può trovarti
seduta spensierata in mezzo all’aia,
i tuoi capelli accarezzati piano
dal vento che setaccia; o addormentata
assai profondamente dentro un solco
mietuto solamente per metà,
intorpidita dalle esalazioni
dei papaveri, mentre la tua falce
usa riguardo al prossimo mannello
coi fiori suoi intrecciati; certe volte
come spigolatrice tieni ferma
sotto il grave fardello la tua testa
traversando un torrente; o presso un torchio
da sidro con paziente sguardo osservi
lo stillar delle gocce a ora a ora.

Canti di primavera, dove siete?
Sì, dove siete? No, tu non pensarci,
tu hai già la tua musica, che mentre
le nuvole striate fan fiorire
il giorno che declina dolcemente
e tingono le stoppie di pianura
con un colore rosa, proprio allora
i moscerini in coro, in mezzo ai salici
del fiume, si lamentano, levati
su in alto o trascinati verso il basso
come il vento leggero vive o muore;
agnelli adulti belano chiassosi
dal limite dei colli; i grilli cantano;
e con dei lievi acuti il pettirosso
fischia nell’orto chiuso; radunandosi
le rondini cinguettano nei cieli.

(Traduzione di Luca Alvino)

Yari Bernasconi


Verso Luino le strade non crollano,
non lasciano voragini aperte sopra il buio.
Solo gli smottamenti danno scosse leggere
alle curve e ai profili delle pietre. Le storie
di contrabbando sbiadiscono lontane:
auto svizzere e italiane attendono al semaforo
che è sempre rosso all’entrata del tunnel.
Poco dopo, vicino al tornante pericoloso,
fiori di plastica si sciolgono al sole.

La casa vuota (Marcos y Marcos, 2021)

Ph. © Yvonne Böhler

Alessandro Celani


Fatti feroce poesia
quando i tempi sono feroci
Impara dalle bestie nei campi
come uccidono e sono uccise
Impara dal tempo che viene in soccorso
a chi è già morto fra le acque
Non cedere alle lusinghe dei poeti
dicci la verità sulla morte
chi uccise e chi fu ucciso
nome per nome

Apocalisse e altre visioni (Aguaplano libri, 2021)

Lucia Brandoli


E per sopravvivere
mi son fatta tenace.

Ma tu chiedi di cedere,
di rinunciare,

allentare la presa,
sciogliere l’elmo,

separare il morso.

Ma sostieni si possa
il respiro anche senza

intenzione, si possa
abdicare a una morte

violenta. Anche nuda
in un tratto io resto,

convinta di esistere.

Convinta di esistere (Ensemble, 2021)

Charles Bukowski

buk

Il mio fallimento

penso ai diavoli dell’inferno
e fisso un
bel vaso di
fiori
mentre la donna in camera mia
rabbiosa accende e spegne la luce
di continuo.
abbiamo litigato di
brutto
e io me ne sto qui seduto a fumare
sigarette
indiane
e intanto alla radio le
preghiere di un cantante lirico non
sono nella mia
lingua.
fuori, la finestra alla
mia sinistra rivela le luci
notturne della
città e io vorrei solo
avere il coraggio di
spezzare questo semplice orrore
e rimettere le cose
a posto
ma la mia rabbia meschina
me lo
impedisce.

mi rendo conto che l’inferno è solo quello che ci
creiamo noi,
a fumare queste sigarette,
qui ad aspettare,
qui a fantasticare,
mentre nell’altra stanza
lei continua a
starsene lì ad
accendere e spegnere
la luce,
accendere e
spegnere.

I cavalli non scommettono sugli uomini (e neanche io) – Minimum fax, 2004 – trad. it. D. Abeni

Joy Harjo


Put down that bag of potato chips, that white bread, that bottle of pop.
Turn off that cellphone, computer, and remote control.
Open the door, then close it behind you.
Take a breath offered by friendly winds. They travel the earth gathering essences of plants to clean.
Give it back with gratitude.
If you sing it will give your spirit lift to fly to the stars’ ears and back.
Acknowledge this earth who has cared for you since you were a dream planting itself precisely within your parents’ desire.
Let your moccasin feet take you to the encampment of the guardians who have known you before time, who will be there after time. They sit before the fire that has been there without time.
Let the earth stabilize your postcolonial insecure jitters.
Be respectful of the small insects, birds and animal people who accompany you.
Ask their forgiveness for the harm we humans have brought down upon them.
Don’t worry.
The heart knows the way though there may be high-rises, interstates, checkpoints, armed soldiers, massacres, wars, and those who will despise you because they despise themselves.
The journey might take you a few hours, a day, a year, a few years, a hundred, a thousand or even more.
Watch your mind. Without training it might run away and leave your heart for the immense human feast set by the thieves of time.
Do not hold regrets.
When you find your way to the circle, to the fire kept burning by the keepers of your soul, you will be welcomed.
You must clean yourself with cedar, sage, or other healing plant.
Cut the ties you have to failure and shame.
Let go the pain you are holding in your mind, your shoulders, your heart, all the way to your feet. Let go the pain of your ancestors to make way for those who are heading in our direction.
Ask for forgiveness.
Call upon the help of those who love you. These helpers take many forms: animal, element, bird, angel, saint, stone, or ancestor.
Call your spirit back. It may be caught in corners and creases of shame, judgment, and human abuse.
You must call in a way that your spirit will want to return.
Speak to it as you would to a beloved child.
Welcome your spirit back from its wandering. It may return in pieces, in tatters. Gather them together. They will be happy to be found after being lost for so long.
Your spirit will need to sleep awhile after it is bathed and given clean clothes.
Now you can have a party. Invite everyone you know who loves and supports you. Keep room for those who have no place else to go.
Make a giveaway, and remember, keep the speeches short.
Then, you must do this: help the next person find their way through the dark.

For Calling the Spirit Back from Wandering the Earth in Its Human Feet

*

Metti giù quel sacchetto di patatine, quel pane da toast, quella bibita.
Spegni quel cellulare, computer e telecomando.
Apri la porta poi richiudila dietro di te.
Prendi un respiro offerto da venti amichevoli. Viaggiano la terra raccogliendo essenze dalle piante per fare pulizia.
Restituiscilo con gratitudine.
Se canti, questo darà al tuo spirito lo slancio per volare sino alle orecchie delle stelle e tornare.
Saluta questa terra che si è curata di te da quando eri un sogno che si piantava precisamente dentro al desiderio dei tuoi genitori.
Lascia che i piedi ti portino all’accampamento dei guardiani che ti conoscono prima del tempo, che saranno lì dopo il tempo. Siedono davanti al fuoco che è lì senza tempo.
Lascia che la terra tranquillizzi i tuoi insicuri nervosismi postcoloniali.
Sii rispettosa dei piccoli insetti, uccelli, persone animali che ti accompagnano.
Chiedi loro perdono per il male che noi umani abbiamo arrecato.
Non ti preoccupare.
Il cuore sa dove andare nonostante i condomini, le autostrade, i posti di blocco, soldati armati, massacri, guerre, e quelli che ti disprezzeranno perché disprezzano se stessi.
Il viaggio durerà alcune ore, un giorno, un anno, alcuni anni, cento, mille o anche di più.
Fai attenzione alla mente. Senza allenamento potrebbe scappare e lasciare il tuo cuore nell’enorme banchetto umano organizzato dai ladri del tempo.
Non tenere rimpianti.
Quando trovi come arrivare al cerchio, al fuoco tenuto acceso dai custodi della tua anima, sarai la benvenuta.
Devi ripulirti con cedro, salvia o un’altra pianta curativa.
Taglia i legami che hai coi fallimenti e la vergogna.
Lascia andare il dolore che tieni nella mente, nelle spalle, nel cuore, in tutto il corpo sino ai piedi. Lascia andare il dolore dei tuoi antenati per accogliere quelli che stanno venendo nella tua direzione.
Chiedi perdono.
Chiedi l’aiuto di quelli che ti vogliono bene. Questi aiutanti prendono molte forme: animale, elemento, uccello, angelo, santo, pietra o antenato.
Richiama il tuo spirito. Potrebbe essere impigliato in angoli e pieghe di vergogna, giudizio e abuso umano.
Devi chiamare in modo che il tuo spirito abbia voglia di tornare.
Parlagli come faresti con un bambino amatissimo.
Accogli il tuo spirito che torna dal suo vagare. Potrebbe tornare a pezzi, a cocci. Rimettili assieme. Saranno felici di venire ritrovati dopo essere andati perduti per così tanto tempo.
Il tuo spirito avrà bisogno di dormire per un po’ dopo che viene lavato e vestito con abiti puliti.
Adesso puoi fare una festa. Invita tutti quelli che conosci che ti amano e ti sostengono. Fai posto a chi non ha un luogo dove andare.
Rendi omaggio, e ricorda, tieni corti i tuoi discorsi.
Poi, devi fare questo: aiuta la prossima persona a trovare la sua strada nel buio.

Per richiamare lo spirito che vaga sulla terra con piedi umani (traduzione di Stefania Zampiga)

Patrizia Valduga


Donna bambina ma di troppe brame
o donna di dolori e di buriane,
sempre presa da trippe e budellame,
non so uscire dal buio stamane,

dal cavo della mia notte catrame,
tra geli duri e colpi di caldane,
e sollevarmi e via con voglie grame
fingendo quieti, cose lievi e piane,

per i giorni di guerra e bulicame
e per predar le prede piene e vane,
e a vedere come senza esche o trame

poco lega l’amoroso legame…
Oh cuore che mi caschi! Che rimane?
un annientato niente. E ho anche fame.

Medicamenta e altri medicamenta (Einaudi, 1989)

Foto di Dino Ignani

Niccolò Nisivoccia


Quando il giorno si allunga, trovare te – sulla soglia di ciò che ancora non siamo, di ciò che vogliamo.

*
Dentro una mattina di luce che filtra dalle persiane. Quasi più buio che luce. Fuori, il bosco. È l’età ancora dell’inconsapevolezza, della pura presenza, di un gesto, di un tocco. È l’età in cui la pura presenza, un gesto, un tocco ancora bastano, ancora non hanno bisogno di altro. Avverti una presenza, vieni sfiorato da una carezza. È l’inizio di una memoria, è l’inizio di una storia.
*

Ciò che testimonia la nostra fedeltà al contempo la esige: verità sommerse che il vivere, nel suo traffico quotidiano, dimentica e cela; volti nell’ombra, che la vita ci chiama a cercare – e che prima o poi, nel suo aprirsi alla luce, rivela e disvela.

Quasi una cosmologia (Interno Libri Edizioni, 2021), prefazione di Vittorio Lingiardi

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