Dante Alighieri

Dante_Alighieri_2
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.

Vita Nuova (Mondadori, 1999)

Eugenio Montale


I limoni

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

Tutte le poesie (Mondadori, 2018)

Foto: Archivio Farabola

Marco Corsi


ho visto la morte diverse volte
e quasi mai era violenta, eccetto forse
nel caso di piccoli ricci, o tassi, oppure
rospi di media e grossa taglia. allora
mi chiedo, cuore mio, perché ancora
ti spauri dinanzi alla fine naturale
delle cose, perché non ti rassegni
a chiudere gli occhi insieme
alle persone care, perché mai
ti tradisci gonfiando d’aria
l’impressione di non aver più,
non aver mai, non aver sempre?

La materia dei giorni (Manni, 2021)

Foto di Dino Ignani

Grace Paley

grace_paley

Anti-Love Poem

Sometimes you don’t want to love the person you love
you turn your face away from the face
whose eyes lips might make you give up anger
forget insult steal sadness of not wanting
to love turn away then turn awayat breakfast
in the evening don’t lift your eyes from the paper
to see that face in all its seriousness a
sweetness of concentration he holds his book
in his hand the hardknuckled winter wood-
scarred fingers turn awaythat’s all you can
do old as you are to save yourselffrom love

 

*

 

Poesia contro l’amore

A volte non vorresti amare la persona che ami
e distogli la faccia da quella faccia
i cui occhi labbra potrebbero placare ogni rancore
cancellare l’insulto rubarti la tristezza di non voler
amare voltati allora voltatia colazione
di sera non alzare gli occhi dal giornale
per vedere quella faccia in tutta la sua serietà una
concentrata dolcezza lui tiene il suo libro
tra le mani le dita nodose intagliate
dall’inverno voltatiè tutto quello che puoi
fare alla tua età per salvartidall’amore

 

Fedeltà (Minimum Fax, 2011), trad. it. L. Brambilla; P. Cognetti

Dylan Thomas


E la morte non avrà più dominio

E la morte non avrà più dominio.
I morti nudi saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benché impazziscano saranno sani di mente,
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
E la morte non avrà più dominio.

E la morte non avrà più dominio.
Sotto i meandri del mare
Giacendo a lungo non moriranno nel vento;
Sui cavalletti contorcendosi mentre i rendini cedono,
Cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno;
Si spaccherà la fede in quelle mani
E l’unicorno del peccato li passerà da parte a parte;
Scheggiati da ogni lato non si schianteranno;
E la morte non avrà più dominio.

E la morte non avrà più dominio.
Più non potranno i gabbiani gridare ai loro orecchi,
Le onde rompersi urlanti sulle rive del mare;
Dove un fiore spuntò non potrà un fiore
Mai più sfidare i colpi della pioggia;
Ma benché pazzi e morti stecchiti,
Le teste di quei tali martelleranno dalle margherite;
Irromperanno al sole fino a che il sole precipiterà,
E la morte non avrà più dominio.

 

Poesie e racconti (Einaudi, 1996), trad. it. Ariodante Mariani

Stefano Benni

benni

La fame del soldato
si mescolava
col dubbio del bancario
pesce o salsiccia?
Si scontravano
come eroi greci i vassoi
con coltelli e forchette
per terra rotolavano
le armi fatali
Lunga è la fila
verso la felicità
lentamente e con dolore
verso la risata
di scherno della cassa
In fretta ingoiando
facce e sapori
tu eri insieme
golosa e bellissima
Poi tutti se ne andarono
lasciando macerie
e orrore di cadaveri
di polli nostrani
e colorati Matisse
e delicati Mirò
di pane e sugo e piselli
Tu tornavi al lavoro
io alla mia scrivania
coi nostri pochi soldi
la nostra poca fame
col nostro frettoloso amore
Il soldato ti guardava
con desiderio
il bancario guardava
con desiderio il soldato
Il pesce ci guardava
dignitoso da un piatto
ci salutò un po’ deluso
perché nessuno
l’aveva voluto
Ti ricordi?

 

Prima o poi l’amore arriva (Feltrinelli, 2002)

Giancarlo Majorino


Poesia e Conoscenza gran titolo!
come già ci fosse una vita in comune
sentendomi un singolo-di-molti
progettare scuole di materie nuove
i trascorsi? da sapere, non sapere

sobbalzi continuanti cervello domina
a tagliar fogli di mondo un vero dòmino
gioco in cima? forse sì, anche una fratellanza
però da bocc’aperta da occhi aperti da
e di tutto

e stai provando come turno tutto il vivere – scrivere
testandone vari lati varietà

parte di equilibrio sgrana Enrì
l’appartamento è grande!?
dodici ore scatteranno una vita l’altra

La gioia di vivere (Mondadori 2018)

Erri De Luca

Erri-De-Luca

 

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

 

Opera sull’acqua e altre poesie (Einaudi, 2002)

Bruce Hunter


Abstraction White Rose (1927) Georgia O’Keeffe
(for Lisa Stein)

The gardener never forgot the rose
in that art gallery years ago.
Blooms voluminous and inviting.
Painted by a brush dipped in clouds. Velvet entrance
and escape. Large as a table top.
O’Keeffe sees as he sees. And as he does in his work,
the gardener opens his palms
to cradle it. Until a guard cautions him.
Sir. Please. Do not touch the paintings.

To the gardener, A rose is not
a rose is a rose is a rose is a rose.
It is everything in everything. Upcurl of riptide.
Waterfall’s white lip. Conch’s pink mantle.
Miracle of eye, cornea. It’s all labia, throat and folds.
Vulva and stars, galaxies’ linen petals.
Within and beyond. A centre that gives
and comes from seed. Kiss’s wet hiss
in the slippery underbelly of night. Noir.

If you must lift them
cup the bud or the flower, at the cusp
gently. Be mindful of the thorns, always.
Their triangular blades can poison the blood
that feeds the heart and kill it.

His fingers brush against many small knives.
There is no fear in longing.
He’ll risk serving beauty one more time.
His eyes age-softened, and his lips too.
And at night when the trees sleep,
their fibrous heads in the ground,
they remember drought follows rain.

That at sunrise, his drowsy tongue laps dry air.
As the roses lift and reveal their thirst.
O’Keeffe is right. We emerge
from the turned-down underlip, breathless, blind.
Touched by dawn-sleek rosehips.
Delirious in all this raw new air.
to tipple again from a petaled cup.

 

*

 

Abstraction White Rose (1927) Georgia O’Keeffe
(per Lisa Stein) tradotto dall’autore

Il giardiniere non ha mai dimenticato la rosa
in quella galleria d’arte anni fa.
Fiorisce voluminosa e invitante.
Dipinta da un pennello immerso nelle nuvole. Ingresso di velluto
ed evasione. Grande come un piano d’appoggio.
O’Keeffe vede come vede lui. E come fa nel suo lavoro,
il giardiniere apre i palmi
per cullarla. Finché una guardia non lo avverte.
Signore. Per favore. Non tocchi i dipinti.

Per il giardiniere, una rosa non è
una rosa è una rosa è una rosa è una rosa.
È il tutto nel tutto. Ricciolo di marea.
Il labbro bianco della cascata. Il mantello rosa dello strombo.
Miracolo dell’occhio, cornea. È tutta labbra, gola e pieghe.
Vulva e stelle, petali di lino delle galassie.
Dentro e oltre. Un centro che dona
e viene dal seme. Il sibilo umido del bacio
nel viscido ventre della notte. Noir.

Se devi sollevarli
disponi il bocciolo o il fiore, con la cuspide
delicatamente. Sii attento alle spine, sempre.
Le loro lame triangolari possono avvelenare il sangue
che nutre il cuore e lo uccide.

Le sue dita sfiorano molti piccoli coltelli.
Non c’è paura nel desiderio.
Rischierà nel servire la bellezza ancora una volta.
I suoi occhi sono ammorbiditi dal tempo, anche le labbra.
E di notte quando gli alberi dormono,
le loro cime fibrose nel terreno,
ricordano che la siccità segue la pioggia.

Che all’alba, la sua lingua assonnata lambisce l’aria secca.
Mentre le rose si sollevano e rivelano la loro sete.
O’Keeffe ha ragione. Emergiamo
dal labbro inferiore rovesciato, senza fiato, ciechi.
Toccati da cinorrodi lucenti all’alba.
Deliranti in tutta questa nuova aria cruda.
per bere di nuovo da una tazza di petali.

Seamus Heaney


 

Seguace

Mio padre lavorava con l’aratro a cavalli,
Le spalle arrotondate una vela spiegata
Tra le stegole e il solco.
I cavalli tiravano al suo schiocco di lingua.

Un esperto. Metteva in posizione il versoio
E inseriva la punta d’acciaio del vomere lucente.
Rotolava di lato la zolla senza rompersi.
In capo alla striscia, una sola tirata

Di redini, la pariglia sudata si girava
Tornava indietro nel campo. Lui stringeva
L’occhio e squadrava il terreno,
E faceva una mappa esatta del solco.

Io caracollavo nella sua scia chiodata,
Cadevo qualche volta sulla lucida zolla;
Ogni tanto mi portava a cavalcioni in spalla
E andavo su e giù con il suo passo.

Volevo diventar grande per saper arare,
Chiudere l’occhio, irrigidire il braccio.
Tutto quel che ho mai fatto era seguirlo
In giro per la fattoria nella sua grande ombra.

Ero un fastidio, inciampavo, cadevo in terra,
Mugolavo continuamente. Ma oggi
È mio padre che continua a barcollarmi
Dietro, e non se ne vuole andare.

 

Portami ancora per mano. Poesie per il padre (Crocetti, 2001)