Enrique Santos Discépolo

 

Caffè di Buenos Aires

Da piccolino ti guardavo da fuori
come un qualcosa d’irraggiungibile;
il naso contro il vetro,
blu per quel freddo,
che poi, vivendo,
sentii dentro di me…
Come una scuola di tutte le cose,
già da ragazzo, stupito, mi hai dato
la sigaretta, la fede nei miei sogni
e una speranza d’amore.

Come dimenticarti in questo lamento,
caffè di Buenos Aires,
se sei la sola cosa nella vita
paragonabile alla mia vecchiaia.
Nel tuo magico miscuglio
di presuntuosi e di suicidi
imparai filosofia… dadi… gioco d’azzardo…
e la crudele poesia
di non pensare più a me stesso.

Mi hai fatto il regalo d’un pugno di amici
gli stessi che riscaldano le mie ore:
José, e il suo sogno,
Marcial, che ancora crede e spera,
e il magro Abel, che non sta più con noi
ma mi guida ancora.
Sui tuoi tavoli che non fanno mai domande
una sera ho pianto la prima delusione,
ho conosciuto i dolori,
mi son bevuto gli anni,
e mi sono arreso senza lottare.

 

Tango (Einaudi, 2004), trad. it. E. Franco, P. Collo

Bertolt Brecht

brecht

Contro la seduzione

Non vi fate sedurre:
non esiste ritorno.
Il giorno sta alle porte,
già è qui vento di notte,
altro mattino non verrà.

Non vi lasciate illudere
che è poco, la vita.
Bevetela a gran sorsi,
non vi sarà bastata
quando dovrete perderla.

Non vi date conforto:
vi resta poco tempo.
Chi è disfatto, marcisca.
La vita è la più grande:
nulla sarà più vostro.

Non vi fate sedurre
da schiavitù e da piaghe.
Che cosa vi può ancora spaventare?
Morite con tutte le bestie
e non c’è niente, dopo.

Poesie e canzoni (Einaudi, 1982), trad. it. R. Leiser, F. Fortini

Alessandro Rivali


Caino percorse una terra guasta:
foto sulla pietra raccontavano
di ragazzi presi nella torbiera.

Praterie galleggianti,
cumuli di sfagni, erbe igrofile,
una distesa di canne palustri.

Sulle acque nascevano gorghi,
creature in corsa a filo d’acqua:
Caino riconosceva il male.

Serpenti visitavano sogni,
annunciavano la fine degli amici,
chi era restato nelle lamiere.

La terra di Caino (Mondadori, 2021)

Antonietta Gnerre

foto di Rino Bianchi

Sono grata al mio passato
che percorre le pene,
le volte che ho finto di vivere.

Ha imparato la mia vergogna a memoria.
A dare spazio nell’armadio alle sottovesti
ricamate con le ortiche.

Sono grata al presente,
al mare che ha spalancato
verso il cielo una parola
che amerà di più la galassia.

Avrò pietà per ciò che ho conosciuto.
Pietà per il silenzio, per il catrame
dissipato dietro ai muri.

Sono grata al bianco di un rettangolo.
A ciò che mi riscalda
nel campo che non vedo.

Quello che non so di me (Interno Poesia Editore, 2021), pref. Alessandro Zaccuri

Acquista ora

Roberto Piumini


Chi inventò il bacio, quello fondo,
che muove lingue più della parola,
che dà saliva più del sale caldo
e giri al sangue più del rosso vino?

Chi costruì i primi baci al mondo,
in molte prove, non in una sola,
stancando la compagna con un saldo
progetto, e col suo impeto divino?

Chi indovinò, pensò, decise, volle,
la prima lotta umida d’amore,
quel frullo interiore, strano e folle?

La ruota, il fuoco, cose di valore:
ma a lui, ovunque sia, zolla fra le zolle,
gli amanti, con i baci, diano onore.

 

Il rosso amore. Cento poesie erotiche (Interlinea, 2021)

Albert Camus


Mediterraneo

I

Nel vuoto sguardo dei vetri, ride il mattino
Con tutti i suoi denti azzurri e scintillanti,
Gialli, verdi e rossi, ai balconi si cullano le tende.
Ragazze dalle braccia nude stendono panni.
Un uomo; dietro una finestra, il binocolo in mano.

Mattino chiaro dagli smalti marini,
Perla latina dalle liliali lucentezze:
Mediterraneo.

 

Rivista Poesia, N. 255 (Dicembre 2010), trad. it. Roberto Rossi Precerutti

Adam Zagajewski


Lettera da un lettore

Troppo sulla morte,
sulle ombre.
Scrivi della vita,
di una giornata normale,
del desiderio di armonia.

Il campanello della scuola
può essere un modello
di moderazione,
persino di erudizione.

Troppo sulla morte,
un eccesso
di nero incanto.

Guarda,
popoli ammassati
in stadi stretti
cantano inni d’odio.

C’è troppa musica,
troppo poca concordia, pace,
saggezza.

Scrivi degli attimi in cui le passerelle dell’amicizia
paiono più durature
della disperazione.

Scrivi dell’amore,
delle lunghe serate,
delle albe,
degli alberi,
dell’infinita pazienza
della luce.

 

Dalla vita degli oggetti (Adelphi, 2002), a cura di Krystyna Jaworska

Chandra Livia Candiani


La pelle è sempre in prima linea
come i cappotti le madri i villaggi,
è un confuso conoscitore di mondi
è serbatoio e cemento
trasale fa barriera
è distendibile e delicatamente resistente
sanguina respira. Nuca mani e piedi
spalle petto fianchi conoscono
il mondo senza l’assedio della narrazione
stormiscono e scompensano il pensiero.
La pelle è educazione sentimentale
ogni parola un branco che preme i pori
e ne fa porte sul cielo vuoto dell’interno,
dove soffia la memoria
l’aria del tempo.
Per primo viene il tatto
quando mettiamo una parola
al mondo. Invecchiando la pelle
diventa più sottile
perché aumenta il desiderio
di mistero, diminuisce
la paura di attacco.
È nuda su questa terra,
si sbriciola nel passaggio.
In lei la vita umana si consuma
e poi si spegne o forse vola
fuori di lei, la lascia.

La domanda della sete. 2016-2020 (Einaudi, 2020)

Danilo Dolci


Rivoluzione

Chi si spaventa quando sente dire
“rivoluzione”
forse non ha capito.
Non è rivoluzione
tirare una sassata in testa a uno sbirro,
sputare addosso a un poveraccio
che ha messo una divisa non sapendo
come mangiare;
non è incendiare il municipio
o le carte in catasto
per andare da stupidi in galera
rinforzando il nemico di pretesti

Quando ci si agita per giungere
al potere e non si arriva
non è rivoluzione, si è mancata;
se si giunge al potere e la sostanza
dei rapporti rimane come prima,
rivoluzione tradita.

Rivoluzione è distinguere il buono
già vivente, sapendolo godere
sani, senza rimorsi,
amore, riconoscersi con gioia.

Rivoluzione è curare il curabile
profondamente e presto,
è rendere ciascuno responsabile.

Rivoluzione
è incontrarsi con sapiente sapienza
assumendo rapporti essenziali
tra terra, cielo e uomini: ostie sì,
quando necessita, sfruttati no,
i dispersi atomi umani divengano
nuovi organismi e lottino nettando
via ogni marcio, ogni mafia.


Creatura di creature
(Corbo e fiore, 1983)

Arzachena Leporatti


ALL YOU CAN EAT

C’è il nostro alfabeto parallelo
fra i nighiri e la salsa di soia
con poco sale
c’è il nostro fine settimana libero
nei ventinove euro e novantanove
di manovre segrete
e coppie spiate
di discorsi sempre uguali
che ci fanno sorridere
all you can eat
all you can want

e tu mi guardi
come si guarda un pazzo
e un pozzo
con la voglia di assomigliarci
e di caderci dentro

Welcome to paradise (ERETICA Edizioni, 2020)