Jacopo
tu, immune alle parole
e agli spaventi,
che c’entrano le strade
con la tua terra che nessuno
divide, striscia o frammenta?
le attraversi al mio braccio,
forestiero, le macchine lo sai
possono far male,
sono come la pietra che dal cielo
trapassò la tempia al generale,
sono molto più fitte
e quotidiane,
non sai da dove vengono,
che fanno,
solo che se ti tocca forte
ti fa male,
succede,
a tre anni il braccio si torceva,
non sai come
immune anche a quei segni
d’aria, fatti di niente,
che cerchiano tuo padre
per ogni strada,
il pegno che lui paga
alle folte parole,
alle fitte figure
che covano dentro
e vanno a fuoco
quand’ancora non eri lontano
e sperso
alla fiaba pensavo
di chi scendeva
da quel regno della vita,
sceglieva il cuore,
forse, del tempo che precede
qualcosa t’è rimasto,
ma confuso,
qualcosa che t’avviluppa i muscoli
ed il cuore
solo quando sei dentro l’acqua
e ci cammini,
giù nel fondo lento
e silenzioso,
torna il volto perfetto
senza le pieghe,
penso che tu sei nella terra
da dove vieni
L’albero delle nebbie (Einaudi, 2008)
Foto di Dino Ignani