Milo De Angelis

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Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto
di un giardino avvenne la carezza, la penombra
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,
spazio assoluto di una lacrima. Un istante
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,
noi tra le ossa e l’essenza della terra.

 

da Tema dell’addio (Mondadori, 2005)

Foto di Dino Ignani

Mario De Santis

mario de santis

 

Davanti alla finestra il muro non ha porte vicine,
io neppure vedo cosa mi nasconde.
Con gli occhi chiusi prendo fiato – come la preda
e come il tiratore scelto – io non possiedo
un nome regolare, un codice di accesso, un’arma.

Sono diventato l’ombra di questo luglio, solo tra molti
perso in giallo muto e mare;
il centro cittadino è chiuso;
la sosta di un momento del blindato
lascia la mia vista libera:
lo sguardo allora corre fuori. E si ripete
verso gli sguardi fermi, in gioco ed in battaglia
– che esplode, tra gli occhi miei e di altri centomila.

 

La polvere nell’acqua (Crocetti, 2012)

Claudio Damiani

claudio_damiani

 

Quello che resta
canzone

Lascia che sia, lascia che sia
non lo contrastare,
alla fine è questo cielo della sera
quello che resta, i rumori delle cose lontane
e questo colore pallido e luminoso insieme
acceso e bruno nello stesso tempo.
Alla fine quello che resta sono i rumori
delle cose lontane, che si fanno dolci, che passano,
alla fine quello che resta è questo nostro passare,
essere passati e dover ancora passare,
questo rumore il fondo come il mormorio di un ruscello
o un chiacchiericcio sommesso, che ti concilia il sonno.

 

© Inedito di Claudio Damiani

Foto di Dino Ignani

Amelia Rosselli


 

C’è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.

C’è come un rosso nell’albero, ma è
l’arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch’essi pesano.

Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d’un destino
di uomini separati per obliquo rumore.

 

da Poesie (Garzanti, 2007)

Foto di Dino Ignani

Dmitrij Bannikov

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Evidentemente, da qualche parte è autunno
E i campi sono devastati,
Ma non qui, dove gli alberi di pino
Sono serenamente verdi.

Nello stato dei diritti, uguali,
Solitari e scarni,
Nel mondo dei pini telegrafici,
Non vi sono cattive notizie.

Questo è il latifoglio, preoccupazione,
Allarme, vampa e incendio:
Là, in basso, dove Dio è meno presente,
frusciano, tremando.

Ma in alto, dove Dio è più presente,
Non vi sono fiamme né gelate,
Solo il suonatore di corno e di oboe,
Il vento, mette insieme tutti gli accordi.

Fruscia il pino e queste note
Le porta con sé
Nel cielo della luce di quella banconota
Che è agitata dal destino.

Accanto a loro, giusto nel mezzo,
Dio ha lasciato la sua tenebra.
Il sole li ha risarciti
Con un fogliamo modesto,

Gli aghi pungono la grigia indiana
E trapassano il firmamento,
E hanno la fotosintesi
Lungo tutto l’anno gelato.

Le foglie insanguinate
Cadono a terra e muoiono,
Mentre gli aghi li passano col pennello,
Rinfrescando il loro verde smeraldo,

E disperati, tristi,
Come marinai in partenza,
Neri si intirizziscono i gabbiani
Presso il fiume biancheggiante…

 
La nuovissima poesia russa (Einaudi, 2005), trad. it. V. Ferraro e M. Martini

Maria Grazia Calandrone

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cuore del drago morso nel fogliame
vai quasi avvolta dalla solitudine di un’onda marina in un mattino azzurro e pieno di rondini

ti sei vestita per l’appuntamento e io ti porto il frutto
mangiato vivo
mentre è appeso all’arteria dell’albero

vedi, mostra la polpa
viva, mostra l’aperto

cuore aperto del drago, l’emblema splendido del sangue della terra che è passato per tutti i capillari
per arrivare dentro la tua bocca, o sangue
del mio sangue

 

© Inedito di Maria Grazia Calandrone

Giovanni Giudici

giudici

 

La vita in versi

Metti in versi la vita, trascrivi
fedelmente, senza tacere
particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.

Ma non dimenticare che vedere non è
sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.

Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
complicità di visceri, saettano occhiate
d’accordi. E gli istanti s’affacciano

al limbo delle intermedie balaustre:
applaudono, compiangono entrambi i sensi
del sublime – l’infame, l’illustre.

Inoltre metti in versi che morire
è possibile a tutti più che nascere
e in ogni caso l’essere è più del dire.

 

Tutte le poesie (Mondadori, 2014)

Karen Press

Karen-Press

 

Lui la cerca

Quando tutti se ne furono andati, lui ritornò sul posto,
s’inginocchiò sulla sabbia, e prese a scavare
per tirarla fuori.

Scavo più profondo della vanga di un becchino,
dentro la sabbia viva fino alle ascelle,
ma solo piccoli granchi bianchi gli corsero tra le dita.

Andò avanti, scavando con le mani
per quanto è lunga la laguna, piangendola,
spaccando la terra a pezzi.

Lei gli sfiora l’orecchio col respiro, lo chiama:
alza gli occhi, alza gli occhi. Sto volando sulla scia
delle ali dell’acchiappamiele dal petto smeraldino,
guarda in alto, amore mio, sono subito fuggita.

Lui non sentì nulla, scavandosi nel cuore:
lei aspetta che lui alzi gli occhi.
Questo è il tuo pezzo di mondo

Questo è il tuo pezzo di mondo
dolore di cane, dolore di gatto, pioggia su una finestra chiusa
e una fame uggiolante che ti cresce dentro
e non ti lascia.

È qui che soffre il tuo cuore
da persona normale, è qui che scopri
che il mondo si fa grigio quando ci sei catapultato dentro,
e che ogni giorno di nuovo devi andare al tuo funerale.

Ogni tanto questo ti tocca,
questa mancanza, questo implorare qualcosa
e sentire dire “no”.

Ogni tanto devi uscire nella gelida notte,
emettere suoni privi di ritmo
e sdraiarti in mezzo a loro, come una persona vera
senza riparo.

 

Pietre per le mie tasche (Donzelli, 2012), trad. it. Paola Splendore

Stefano Simoncelli

stefano simoncelli poeta

 

Per alcuni anni, prima di addormentarmi
ho sperato sarebbe venuto a prendermi
come davanti al portone della scuola
quando gli consegnavo la cartella
e m’aggrappavo al suo braccio.

Sarebbe stato là, sul marciapiede,
m’illudevo, distante da tutti e fumando,
ma niente, nemmeno la brace della sigaretta
a luccicare nel buio dove lo immaginavo.

Poi in un’alba livida e piena di vento,
quando ormai non ci contavo più,
si è aperta e richiusa la porta dove dormivo
e l’ho visto: era lì, ai piedi del letto,
che mi aspettava fumando.

 

Hotel degli introvabili (Italic, 2014)

Robert Lowell

Robert-lowell

 

Il ritiro

Solo oggi e giusto per questo minuto,
quando la luce obliqua del sole trova la vera angolazione;
si possono vedere foglie gialle e rosate che costellano
il nostro gentile albero lanuginoso –
d’improvviso la verde estate è momentanea…
l’autunno è la mia stagione favorita –
perché cambia vestiti e si ritira?

Questa settimana la casa è stata messa in vendita –
d’improvviso mi sveglio tra estranei;
quando entro in una stanza, si sposta,
imbarazzata, e ne raggiunge un’altra.

Non ho bisogno di conversazione, ma di te per ridere insieme –
tu e una stanza e un fuoco,
fredda luce di stelle che soffia da una finestra aperta –
dove?

 

Giorno per giorno (Mondadori, 2001), trad. it. Francesco Rognoni