
Evidentemente, da qualche parte è autunno
E i campi sono devastati,
Ma non qui, dove gli alberi di pino
Sono serenamente verdi.
Nello stato dei diritti, uguali,
Solitari e scarni,
Nel mondo dei pini telegrafici,
Non vi sono cattive notizie.
Questo è il latifoglio, preoccupazione,
Allarme, vampa e incendio:
Là, in basso, dove Dio è meno presente,
frusciano, tremando.
Ma in alto, dove Dio è più presente,
Non vi sono fiamme né gelate,
Solo il suonatore di corno e di oboe,
Il vento, mette insieme tutti gli accordi.
Fruscia il pino e queste note
Le porta con sé
Nel cielo della luce di quella banconota
Che è agitata dal destino.
Accanto a loro, giusto nel mezzo,
Dio ha lasciato la sua tenebra.
Il sole li ha risarciti
Con un fogliamo modesto,
Gli aghi pungono la grigia indiana
E trapassano il firmamento,
E hanno la fotosintesi
Lungo tutto l’anno gelato.
Le foglie insanguinate
Cadono a terra e muoiono,
Mentre gli aghi li passano col pennello,
Rinfrescando il loro verde smeraldo,
E disperati, tristi,
Come marinai in partenza,
Neri si intirizziscono i gabbiani
Presso il fiume biancheggiante…
La nuovissima poesia russa (Einaudi, 2005), trad. it. V. Ferraro e M. Martini